Tommaso Dognazzi

Tommaso Dognazzi nasce a Cremona il 20 maggio 1966. Fin da giovanissimo dimostra uno spiccato e fervido interesse per l’arte contemporanea, affascinato a maggior ragione dalle opere dei grandi maestri dell’astrattismo geometrico del ‘900, che ha anche il privilegio di incontrare e di frequentare (tra i più importanti Bonalumi, Veronesi, Carmi, Perilli, Munari, Nigro, Dorazio, Alviani, Costalonga). Tutto ciò grazie alla passione dei propri genitori, intenditori competenti e grandi collezionisti. Le grandi gallerie d’arte diventano un appuntamento costante… siamo nel Gotha dell’astrattismo geometrico italiano e ben presto anche internazionale, in virtù dei successivi incontri con altri straordinari artisti stranieri, quali Le Parc, Demarco, Tornquist, Garcia Rossi, Morishita. E’ innegabile il fatto che, proprio vivendo a stretto contatto con le opere di pittori di tale calibro, l’ispirazione concettuale da questi desunta viene presto elaborata e quindi tradotta sulla tela.

La “tecnica” di un artista si sostanzia al pari di un codice genetico, un campo di esistenza personale in continua evoluzione. Si rappresenta inoltre, pur trovando assonanze e comparazioni, a titolo di elemento di immediata riconoscibilità, il “dna” di un pittore tradotto sulla tela. Ritengo che esistano diverse tipologie di “tecnica”: esiste la tecnica proporzionale all’abilità manuale di ogni artista, la tecnica “sperimentale”, la tecnica desunta dall’impiego dei migliori materiali utilizzati nella realizzazione dell’opera
La mia esperienza nel campo dell’arte mi convince del fatto di avere storicamente determinato il concetto di “tecnica” parallelamente a quello di “ricerca”, pur sempre in relazione all’idea di “opera d’ingegno”. La ricerca dei materiali, dei legni, delle tele, dei pigmenti. La ricerca di nuove idee, di nuovi concetti, di nuovi significati da rappresentare in bidimensionalità. La ricerca finalizzata alla creazione di nuove emozioni, di antichi interrogativi, di futuri assiomi, da proporre al pubblico. 
Ogni opera si autocertifica come “unica”, ognuna un singolo campo di esistenza, compiuto seppur allineato alla medesima filosofia di rappresentazione. Tecnicamente ho assorbito gli insegnamenti dei grandi maestri: Eugenio Carmi mi ha spiegato che ogni quadro nasce e si sviluppa esattamente attraverso quell’unica esperienza, è così e non potrebbe essere diverso. Hugo Demarco mi ha illuminato riguardo al “peso” e alla collocazione di ogni singolo colore all’interno del quadro. 
Agostino Bonalumi mi ha reso edotto relativamente al concetto di “punto pivotante”, affermando che ogni opera possiede un punto che funge da fulcro sostanziale, attorno al quale il quadro potrebbe “girare” all’infinito mantenendo il massimo equilibrio. Il consiglio più prezioso concernente la “ricerca” a livello personale ritengo infine essere quello determinato dal maestro Franco Costalonga che osservando i miei ultimi lavori mi ha spronato (e convinto!) a realizzare sulla tela soltanto ed unicamente i concetti che più riescono a soddisfare la mia indole e che tendono a testimoniare il significato artistico delle mie opere, proprio perché esclusivamente figli del mio pensiero.

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